MENTE PLASTICA E ABILITÀ DIGITALE

MENTE PLASTICA E ABILITÀ DIGITALE

  di VIRGINIA VANDINI

 Stare tre giorni senza guardare il telefono, neanche un secondo. Qualche anno fa sarebbe stato normale. Oggi diventa un esperimento esistenziale soprattutto per chi, come me, ne fa uso costante soprattutto per il lavoro.

Essere connessa tutto il giorno tutti i giorni. Controllare whatsapp, messenger, instagram, telegram, e.mail, facebook è una consuetudine. Doverosa se non voglio perdermi nulla, essere aggiornata, mantenere vivo il contatto con le persone che condividono con me progetti, iniziative e attività.

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Di solito tengo il telefono silenzioso e, quando ho cinque minuti di pausa, lo prendo per verificare soprattutto se ho ricevuto una risposta che attendevo. Spesso mi ritrovo, insieme al messaggio che aspettavo, almeno altre 10 richieste. Dato che ci sono, approfitto per vedere se ci sono notifiche anche dagli altri social. Mentre scorro la bacheca di Facebook, leggo il nuovo post dell’amico/collega/famigliare/conoscente. Molto interessante. Illuminante. Commovente. Ed ecco il like, il cuore, la risata, a seconda della circostanza e, se riesco, lascio anche un

 

commento partecipativo. Stessa cosa su Instagram. Poi mi dico: ma non dovevo solo controllare se era arrivata quella risposta? E, i cinque minuti sono volati via. Così. Tutto il giorno, tutti i giorni.

Maturo questa consapevolezza e lancio una provocazione. Cosa succede se per 72 ore interrompo il pilota automatico?

Detto, fatto. Parto per una mini-vacanza e scelgo di non portare il telefono. E, qualcosa accade. Accade per esempio che al telefono ci penso, ogni tanto. Ma neanche più di tanto. Soprattutto ci penso in quei momenti che siamo abituati a definire “morti”, come quando si è in attesa a una cassa, per esempio. Sono quei momenti dove, mi rendo conto, normalmente prendo il cellulare non solo per controllare i messaggi ma anche per cercare informazioni, per togliermi qualche curiosità navigando sulla rete, per approfondire un contenuto ricavato da una brochure, un depliant, un giornale di cui non sapevo nulla fino a pochi istanti fa.

A parte questo, nient’altro. “Beh, non mi sembra una tragedia”, esclamo dentro di me. Lì per lì mi tranquillizzo, mi rassicuro pensando: “sì, lo smart phone è uno stress in certe situazioni, ma alla fine che male fa? Basta calibrare meglio il suo impiego per non esserne travolta”.

Poi ieri, proprio durante il viaggio di ritorno a casa, come un rigurgito mi torna alla memoria un vecchio insegnamento secondo il quale il cervello per partorire idee, per connettere dati, in una parola, per rimanere plastico e vitale ha bisogno del vuoto.network ivdf

E la domanda, a quel punto, sorge spontanea: “come faccio a fare vuoto se anche i tempi cosiddetti morti li impegno a dare e ricevere input?” Un flusso incessante, enorme, di dati riempiono letteralmente la testa. “Forse la meditazione, la camminata nel verde mi può aiutare”, aggiungo poco convinta.

Perché, secondo voi, veramente può bastare una meditazione di 20 minuti al giorno e una passeggiata in natura che, quando va bene, avviene 3 volte a settimana per fare vuoto?

Ora non voglio certo dire che la soluzione è smettere di essere online. La strada, per quanto mi riguarda, non è mai fuggire da, quanto andare verso. E, nel caso specifico, l’intento è andare verso un uso consapevole di quella tecnologia che è parte integrante e non parte sostitutiva della vita.

Mai come oggi sono cosciente del fatto che un impiego non attento di questi dispositivi può ostacolare in maniera significativa l’espressione della creatività insita in ogni essere umano. Quando si parla di creatività la mente va subito agli artisti, alle opere, alle grandi realizzazioni. Ma la creatività è un concetto molto più vasto. Soprattutto ha a che fare con la manifestazione del talento e dello scopo per cui siamo qui, su questa terra. Quindi la creatività riguarda tutti noi, nessuno escluso.

Il fenomeno mi tocca in modo particolare per varie ragioni. A parte la mia matrice sociologica, da due mesi sono coordinatrice responsabile di un tavolo tecnico, un gruppo di ascolto parlamentare attivato dalla Senatrice Parente insieme ad alcuni colleghi professionisti: avvocati, psicologi, insegnanti con i quali ci stiamo occupando sia dell’aspetto normativo sia dell’aspetto educativo, formativo e informativo legato all’uso del telefono e dei social network.

Con la mia Associazione in particolare abbiamo attivato, in collaborazione con Sapienza Università di Roma, un Centro di Analisi e Ricerca sull’Intelligenza Digitale e avviato, dal 1° aprile, uno Sportello Gratuito di Ascolto perché riteniamo che proprio l’ascolto sia il primo passo per riprendere il giusto contatto con se stessi. Tutti i lunedì, previa prenotazione, è possibile effettuare un colloquio con un professionista counselor, psicologo o coach. Il servizio è attivo dalle 9 alle 21.

Per maggiori informazioni e fissare un appuntamento, è necessario chiamare la segreteria al 392.1074600 attiva dal lunedì al venerdì. Infine, per aiutare i genitori a comunicare e relazionarsi con i figli nell’epoca d’Internet, venerdì 24 maggio dalle 18 alle 21 lo psicologo Stefano Greco terrà l’incontro su Intelligenza Digitale e Social Network. Vedi pagina dell'evento

Queste sono solo alcune iniziative che abbiamo programmato all’interno di un progetto più ampio che andremo a sviluppare nei prossimi mesi. Mi rendo conto che la strada da percorrere è tutt’altro che semplice. Guardare gli eventi da dentro, quando si è pienamente coinvolti richiede un grande impegno. L’esperienza mi ha insegnato che non serve a nulla fare campagne contro, demonizzare, accusare. Mettersi in gioco, scoprire che neanche tu sei immune da certi comportamenti, studiare, acquisire conoscenze, concepire e costruire sentieri alternativi più rispettosi della complessità umana credo siano gli ingredienti fondamentali per non sentirsi vittime di ciò che sta avvenendo ma parti attive del processo evolutivo in atto.

 V. Vandini

 

 Foto copertina di Beate Bachmann by pixabay